DIBATTITO SU QUESTIONI INTERNAZIONALI PER UNA CITTA' INTERNAZIONALE

sabato 27 gennaio 2018

LA "VIA DELLA SETA POLARE" CHE POTREBBE FAR CONCORRENZA A TRIESTE - UN ARTICOLO SUL CORRIERE DEL CORRISPONDENTE DA PECHINO -


Nel candidarsi a diventare il terminal della "Via della Seta Marittima" il Porto di Trieste non ha solo la concorrenza del Pireo e dell' infrastrutturazione dell' Europa Orientale organizzata nel Trimarium ma si profila anche quella della "rotta polare" che approfitta del riscaldamento globale per congiungere Cina ed Europa passando per lo stretto di Bering.
Un motivo di più per combattere contro i cambiamenti climatici provocati dall' inquinamento umano e per darsi da fare con la massima urgenza per occupare i posti di testa nella gara ormai iniziata e potenziare gli esclusivi vantaggi del Porto Franco.

Ne parla un articolo del Corriere della Sera del 27 gennaio che riproduciamo sotto (QUI il link):

La via della seta polare: Shanghai-Rotterdam risparmiando 20 giorni

Pechino ha svelato ieri il progetto che, sfruttando l’opportunità del restringimento dei ghiacci, può permettere al traffico commerciale di accorciare i tempi di navigazione

di Guido Santevecchi, corrispondente da Pechino

PECHINO - Quante sono le nuove Vie della Seta immaginate da Xi Jinping? Se si realizzerà la visione del presidente cinese abbracceranno tutto il globo, compreso l’Artide. Pechino ha svelato ieri il progetto per una Via della Seta Polare, che sfruttando l’opportunità del restringimento dei ghiacci dovuto al riscaldamento terrestre può permettere al traffico commerciale di accorciare i tempi di navigazione dall’Asia all’Europa. Un mercantile salpato da Shanghai, usando il passaggio a Nordest della Russia risparmierebbe quasi tremila miglia nautiche per raggiungere il porto di Rotterdam in Olanda, che significano venti giorni, evitando il percorso tradizionale attraverso l’Oceano Indiano, il Canale di Suez e il Mediterraneo che dura circa 48 giorni.
L’idea cinese per la zona artica è appoggiata dalla Russia, ma è vista dai Paesi occidentali come la prova che i cinesi vogliono lanciarsi nella corsa allo sfruttamento delle sue risorse naturali, perché si calcola che nella regione più settentrionale del globo ci sia il 22 per cento delle risorse di combustibile fossile non ancora sfruttate. Seguono preoccupazioni per l’ecosistema. Presentando il Libro Bianco sulla Politica artica, il viceministro degli Esteri di Pechino Kong Xuanyou ieri ha assicurato «sviluppo sociale ed economico per tutti». E ha aggiunto: «A proposito del ruolo della Cina negli affari artici voglio sottolineare che non essendo un Paese della regione non interferiremo». Nel documento si legge che il governo incoraggerà le aziende cinesi a costruire infrastrutture lungo la rotta artica.
Il linguaggio ecumenico è tipico della diplomazia di Pechino. Ma secondo il Center for Strategic and International Studies di Washington, in realtà le iniziative della «Belt and Road» (nome internazionale del piano Vie della Seta di Xi) offrono grandi opportunità principalmente alle aziende della Repubblica popolare. Al momento è cinese l’89% delle aziende impegnate nella realizzazione delle infrastrutture, dei porti, delle autostrade e delle ferrovie; il 7,6% è dei Paesi attraversati, dall’Asia all’Africa all’Europa e il 3,4% è internazionale.
Il cambiamento climatico è un dato di fatto e la Cina è pronta a sfruttarne un aspetto commercialmente utile. Lo scioglimento dei ghiacci ha liberato la nuova rotta: nel 2010 furono quattro i mercantili a passare a Nord durante l’estate, con un carico complessivo di 110 mila tonnellate, ma nel 2017 la via polare è stata seguita da 46 navi, che hanno trasportato 1,26 milioni di tonnellate di prodotti. Tra quei cargo c’era una petroliera cinese che dalla Norvegia alla Sud Corea ha impiegato solo 19 giorni di navigazione. A settembre il rompighiaccio «Xue Long» (Dragone della neve) ha seguito il Passaggio a Nordovest del Canada, riducendo di una settimana la rotta tradizionale da Shanghai a New York attraverso il Canale di Panama. Mentre Pechino esultava per l’apertura di un nuovo percorso commerciale, il governo del Canada protestava perché la crociera del Dragone era stata autorizzata per «puri motivi di ricerca scientifica».
Il Mar glaciale artico si estende su una superficie di circa 14 milioni di chilometri quadrati che rientrano nelle giurisdizioni di Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia e Stati Uniti. Nel 2013 la Cina ha ottenuto lo status di Paese osservatore nel Consiglio Artico (anche l’Italia è stata accolta). Da allora, Pechino si è mossa su diversi fronti. Ricerche di petrolio offshore con l’Islanda; un gasdotto con la Russia; la posa di un cavo a fibra ottica lungo 10.500 chilometri, dalla Cina sino all’Europa attraverso il territorio della Finlandia.


Il progetto di ferrovia veloce tra il Pireo, controllato dalla Cosco cinese e Budapest

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