DIBATTITO SU QUESTIONI INTERNAZIONALI PER UNA CITTA' INTERNAZIONALE

mercoledì 3 gennaio 2018

LA NUOVA EUROPA LONGITUDINALE: IL TRIMARIUM VISTO DALLA POLONIA - I progetti infrastrutturali lungo l’asse Nord-Sud nell' Europa centro-orientale - Un articolo dal nuovo numero di Limes che a Trieste dovrebbe far pensare -


Con l’Iniziativa dei Tre Mari, Varsavia punta a rendere coesa l’Europa centro-orientale storicamente trascurata dagli imperi cui è appartenuta. I progetti infrastrutturali lungo l’asse Nord-Sud e il complesso d’inferiorità verso l’Occidente.
di Przemysław Żurawski vel Grajewski


L’iniziativa del Trimarium è un forum dei 12 membri centro-orientali dell’Unione Europea dedicato alla cooperazione infrastrutturale. Ne fanno parte Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Cechia, Slovacchia, Ungheria, Austria, Slovenia, Croazia, Romania e Bulgaria. È nata nel 2015 come progetto polacco-croato sotto impulso dei rispettivi presidenti, Andrzej Duda e Kolinda Grabar-Kitarović. Formalizzata al primo vertice di Dubrovnik del 25-26 agosto 2016, ha preso slancio al secondo summit, tenutosi a Varsavia il 6-7 luglio 2017, soprattutto grazie alla concomitante visita del presidente degli Stati Uniti Donald Trump nella capitale polacca. Il prossimo appuntamento è a Bucarest nel 2018.

Il progetto si focalizza su due dimensioni – le infrastrutture dei trasporti e quelle energetiche – e ha carattere puramente economico. La chiave per la sua riuscita è la comune appartenenza dei suoi membri all’Unione Europea; il suo obiettivo politico è di approfondire la cooperazione settoriale e rafforzare la coesione fra gli Stati del fianco orientale dell’Ue. Al fondo, l’intento è di sviluppare legami economici e personali fra i paesi dell’Europa centro-orientale, per rendere questi ultimi creatori attivi del processo di integrazione europea, non meri consumatori di idee e progetti provenienti dal nucleo dell’Unione.
A parte l’Austria, tutti gli altri membri in passato sono appartenuti a imperi stranieri: quello russo-sovietico, quello degli Asburgo e quello tedesco. Pertanto, le rispettive infrastrutture erano state sviluppate seguendo le necessità economiche delle nazioni dominanti, le cui capitali (San Pietroburgo o Mosca, Vienna e Berlino) fungevano da centro di gravità dei sistemi di trasporto. Tutti gli Stati del Trimarium – ancora, Austria esclusa – hanno avuto esperienze tragiche sotto il comunismo dopo la seconda guerra mondiale. Tutto ciò ha generato non solo un’arretratezza infrastrutturale, ma pure la profonda convinzione che la realtà non possa essere creata a suon di decreti e dichiarazioni. Tuttavia, in questa regione il mercato unico europeo è in buona parte solamente una realtà dichiarata. E lo è a causa della mancanza di infrastrutture di trasporto che impediscono ai paesi in questione di sfruttare il potenziale dei rispettivi mercati e dare impulso agli scambi. Il Trimarium è pensato per superare tale debolezza, applicando l’antico principio romano facta non verba e spostando il mercato unico dall’ambito delle parole a quello della realtà.

La dimensione infrastrutturale dell’iniziativa e la sua limitazione ai membri dell’Ue sono al contempo la sua forza e la sua bellezza. C’è ovviamente del potenziale per ampliare la cooperazione dal punto di vista sia geografico sia tematico. Ma per sopravvivere e prosperare, il Trimarium non deve diventare una barca sovraffollata, che affonderebbe immediatamente sotto il peso di priorità e iniziative nazionali eccessive. Ecco perché la Polonia non ha invitato l’Ucraina, la Croazia non l’ha fatto con la Bosnia-Erzegovina (nonostante la sua ampia popolazione croata) e la Romania con la Moldova. La cooperazione con questi paesi sarà possibile nel futuro; prima però i 12 fondatori devono ottenere risultati fra di loro. La partecipazione della Scandinavia è tuttavia desiderabile e logica per ragioni formali (l’appartenenza all’Ue, Norvegia esclusa), geografiche (la posizione lungo l’asse Nord-Sud dei progetti infrastrutturali) e di valore aggiunto (dato dal prestigio del «vecchio» Occidente, dalla qualità degli apparati statuali e dallo sviluppo tecnologico).
Che cosa non è il Trimarium
Teoricamente esisterebbe il potenziale per espandere la cooperazione fra i paesi membri al di fuori del solo ambito infrastrutturale. Un primo settore di cui spesso si parla è quello della sicurezza. Un altro è la promozione di soluzioni nell’Ue che vengano incontro all’interesse degli Stati della regione. Ma si tratta solo di teorie. Soprattutto per quanto riguarda il secondo ambito, in cui è più facile fare proclami che trovare una posizione comune fra i dodici paesi del Trimarium. La regione non è politicamente omogenea ed è difficile immaginare di conseguire l’uniformità di vedute necessaria nella maggioranza delle questioni dibattute a Bruxelles.
Il Trimarium non si occupa di sicurezza. È vero che alcuni dei suoi partecipanti sono accomunati da una peculiare visione della dimensione militare delle relazioni internazionali in Est Europa e, soprattutto dopo il 2014, dalla percezione della minaccia russa. Ma in questo campo l’integrazione regionale è già iniziata. Segnatamente con il summit del novembre 2015 del fianco orientale della Nato, riunito su iniziativa polacco-romena, in cui sono nati i cosiddetti «nove di Bucarest» (Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Cechia, Romania, Slovacchia, Ungheria). Alla luce dell’aggressione russa in Ucraina, questi paesi hanno fatto appello all’Alleanza Atlantica per rafforzare la sua presenza a est. Quelli che confinano su terra o per mare con la Russia (i tre baltici, Polonia, Romania e Bulgaria) hanno richiesto formalmente la presenza di truppe alleate sul proprio suolo, mentre gli altri tre così fortunati da non avere un tale vicino hanno offerto solidarietà e sostegno politico. La Nato ha accolto le richieste – a parte quella di Sofia, visto il suo collocamento più meridionale – al summit di Varsavia del luglio 2016 e le sta implementando. Ciò tuttavia ha esaurito il potenziale per altre azioni panregionali in questa direzione. È l’Alleanza Atlantica la struttura difensiva comune cui gli attori locali guardano e non c’è bisogno di duplicarne l’architettura. Inoltre, l’Austria, uno dei dodici del Trimarium, non ne fa parte, mentre Croazia, Cechia, Slovacchia, Slovenia e Ungheria non sono propense ad approfondire i collegamenti militari con il resto della regione. Aggiungere la sfera militare all’Iniziativa avrebbe minato il consenso interno. I suoi membri sono consci del fatto che né Varsavia né gli altri paesi confinanti con la Russia che condividono la priorità sulla sicurezza intendono rischiare di distruggere il progetto.

Omnes viae Europam ducunt
Nella sua attuale configurazione a dodici, il Trimarium raduna 105 milioni di persone e un pil di 2,8 trilioni di euro. Un potenziale economico non certo trascurabile. Da un punto di vista tedesco, il solo mercato polacco è ampio il doppio di quello della Russia, mentre la somma dei quattro di Visegrád (Polonia, Cechia, Ungheria, Slovacchia) è maggiore di quello della Francia. Per anni, quello ceco è stato il secondo maggiore mercato per la Polonia dopo la Germania (11,9 miliardi di euro per l’8,4% dell’export nel 2015, rispetto ai 5,1 miliardi per il 2,9% dell’export con la Russia); è solo nel 2015 che la Repubblica Ceca è scivolata in terza piazza a favore del Regno Unito (12,1 miliardi, 8,5% dell’export). Nello stesso anno, l’Ungheria tallonava addirittura la Russia (4,8 miliardi, 2,7% dell’export). Inoltre, i mercati che crescono più velocemente nell’Ue sono quelli di Romania (tasso di crescita del pil del 5,5% nel 2017), Estonia (4%), Lettonia e Polonia (entrambe 3,8%). I paesi del Trimarium offrono l’un l’altro condizioni stabili, basso rischio politico, sicurezza legale e personale agli imprenditori e ai loro impiegati, livelli di corruzione bassi e in diminuzione, prossimità geografica e dunque minori costi di trasporto, consumatori con un potere d’acquisto discreto e in crescita che peraltro non sono dispersi su un vasto territorio come quello russo. Se si conta l’impatto dei progetti infrastrutturali del Trimarium, la regione ha la possibilità di diventare un mercato potente e attrattivo per l’intera Ue.


Primo obiettivo: i trasporti
Nello scorso decennio sono state potenziate le vie di collegamento fra l’Est e l’Ovest; ora è tempo di fare altrettanto lungo l’asse Nord-Sud. I quattro di Visegrád e la Croazia costituiscono il nucleo di questo settore. Assieme ai tre baltici e ai cinque nordici, questi paesi hanno un grande potenziale per cooperare su progetti comuni di trasporto e di comunicazione.
Partiamo dalle strade. L’esempio più famoso è il piano della Via Carpatia – l’autostrada con partenza dalla greca Salonicco e arrivo o nel porto lituano di Klaipėda o più a nord nella capitale estone Tallinn, con traghetti fino a Helsinki in Finlandia. Nella porzione meridionale, tale asse viario si diramerà in Bulgaria e poi in Turchia fino a Istanbul e verso il porto romeno di Costanza sul Mar Nero. Un’altra zona di possibile espansione è quella dei Sudeti, dove c’è spazio per progetti stradali e ferroviari bilaterali ceco-polacchi. La sezione polacca della Via Carpatia (570 chilometri) corre lungo la S19 e dovrebbe essere completata per il 2023. Il costo stimato è di 7 miliardi di euro, investiti dalla Direzione generale delle strade e autostrade nazionali (Gddkia, nell’acronimo polacco). La S19 va da Barwinek sul confine slovacco a Budzisko su quello con la Lituania, passando per città come Rzeszów e Lublino. Le regioni coinvolte rappresentano il cosiddetto «muro orientale», le province dell’Est polacco che appartennero all’impero zarista nel XIX secolo e che dopo la seconda guerra mondiale confinavano con l’Urss, motivi per i quali esse furono molto trascurate in termini infrastrutturali. La Via Carpatia può essere concepita come spina dorsale cui affiancare alcune costole, per esempio le connessioni latitudinali con l’Ucraina (Rzeszów-Przemyśl-Leopoli, Zamość-Volodymyr-Volyn­s’kyi-Luc’k e Lublino-Chełm-Kovel’). Non è solo la sezione polacca a potersi collegare con l’Ucraina, ma pure quella slovacca (via Mukačevo-Užhorod-Košice) e quella ungherese (Mukačevo-Debrecen).
Un altro progetto della stessa natura è la Via Baltica. È un blocco della diramazione B del primo corridoio di trasporto paneuropeo, in parte basato sulla strada europea E67 Praga-Helsinki. Il costo dei 91 chilometri della sezione polacca che saranno completati fra 2018 e 2021 è stimato sugli 820 milioni di euro, investiti ancora una volta dalla Gddkia. Il progetto autostradale inizierà con un collegamento Berlino-Varsavia per poi volgere a nord lungo le esistenti S8 e S61 attraverso Ostrów Mazowiecka, Łomża, Ełka e Suwałki, prima di raggiungere il confine lituano a Budzisko e continuare verso Kaunas, Riga, Tallinn e Helsinki.
Un altro esempio di miglioramenti alla rete stradale è la A1 – al momento in costruzione, completamento previsto per il 2022 – da Gorzyczki al confine ceco fino a Danzica via Katowice, Czȩstochowa, Łódz´ e Toruń. In Polonia è conosciuta come «autostrada dell’ambra», simbolico riferimento alla via romana che da Aquileia passava per la Porta Morava (il corridoio fra i Sudeti e i Carpazi), per la più antica città polacca di Kalisz (in latino Calisia), finendo sul Mar Baltico. Il tratto polacco già esiste e dovrebbe essere solo esteso verso sud, per formare una sezione della E75 che dalla norvegese Vardø passa attraverso la Finlandia, oltrepassa il Baltico in traghetto tra Helsinki e Danzica, poi solca Cechia, Slovacchia, Ungheria, Serbia, Macedonia e Grecia. Intersecandosi alla E30 (da Cork in Irlanda e Omsk in Russia) e alla E40 (da Calais a Ridder in Kazakistan), essa è un importante elemento delle infrastrutture viarie europee.
La superstrada S3 da Świnoujście sulla costa baltica presso il confine tedesco fino a Lubawka su quello ceco sarà terminata nel 2018 ed entro il 2023 sarà affiancata da un altro collegamento alla Cechia. Fa parte della E65 e anche del corridoio di trasporto centro-europeo 65 che va da Malmö in Svezia (sbarcando con il traghetto proprio a Świnoujście) fino a Creta, passando per Polonia, Cechia, Slovacchia, Ungheria, Croazia, Montenegro, Kosovo, Serbia, Macedonia e Grecia.
Ultimo progetto da citare in questo contesto, ma non per importanza, è la cosiddetta autostrada Go Odessa-Danzica, potenzialmente inseribile nella Belt and Road Initiative della Cina.
Quanto ai collegamenti via rotaia, la priorità è la Ferrovia Baltica Varsavia-Tallinn, che dovrebbe essere completata entro il 2025, con l’aggiunta di un tunnel sottomarino verso Helsinki per la metà degli anni Trenta. Il successo dell’asse Kiev-Leopoli-Przemyśl, realizzato dalle ferrovie ucraine di Ukrzalinznycja nel dicembre 2016, è un esempio da seguire e replicare altrove. Aggiungere nuove ferrovie dedicate sulle rotte Wrocław-Cracovia-Przemyśl-Leopoli-Ternopil’-Khmel’nytc’kyj-Vinnycja-­Kiev e Varsavia- Lublino-Chełm-Kovel’-Korosten’-Kiev ridurrebbe il traffico ai valichi di frontiera polacco-ucraini, questione sempre più urgente dopo l’esenzione per i visti verso l’Ue rilasciata nel giugno 2017. Anche i treni locali sulle tratte Lublino-Chełm-Kovel’-Rivne-Žytomyr e Przemyśl-Leopoli-Ivano-Frankivs’k-Čer­nivci aiuterebbero a ridurre la congestione al confine.
Nel Trimarium figurano anche tre progetti per vie d’acqua: la E30 da Świnoujście sul Baltico, lungo l’Oder, l’Elba e il Danubio fino al Mar Nero; la E40 fra gli stessi due mari da Danzica a Odessa; la E70 fra l’Oder e la Vistola, parte di un asse che collega Rotterdam a Klaipėda.
Secondo obiettivo: energia e transito di materie prime
La cooperazione energetica nel Trimarium è nata come reazione alla sfida posta dalla Russia, evidente nelle cosiddette guerre del gas fra Mosca e Kiev iniziate subito dopo la prima rivoluzione di Jevromajdan (2004), culminate nel 2009 e accompagnate dall’aggressione militare russa a partire dal 2014. La risposta dell’Iniziativa dei Tre Mari è incarnata nel corridoio nord-sud che punta a collegare il già esistente terminal di gas naturale liquido di Świnoujście sulla costa baltica a quello pianificato sull’isola croata di Krk nel Mar Adriatico. Un progetto che si allaccia a quello del Northern Gateway, un gasdotto baltico per unire i giacimenti norvegesi con il mercato polacco. Gli investitori sono: Gaz-System (Polonia), Gassco (Norvegia) e Energinet (Danimarca). È coinvolto anche il principale distributore del gas polacco, Pgnig, con la sua sussidiaria Pgnig Upstream Norway che detiene quote di venti giacimenti nel Mar del Nord. Il costo stimato è di 1,6-2,2 miliardi di euro, avrà una capacità di 10 miliardi di metri cubi (bcm) annui, sarà completato entro il 2022 e potrà anche funzionare in senso inverso. Affinché siano efficaci, però, questi investimenti dovranno essere affiancati a interconnettori tra i paesi del Gruppo di Visegrád, i loro vicini del Trimarium e pure l’Ucraina. In particolare, la creazione del corridoio nord-sud richiede la realizzazione di tre ulteriori interconnettori: fra Polonia e Ucraina, fra Polonia e Slovacchia – entrambi previsti per il 2020 – e fra Polonia e Cechia, per il quale non è stata ancora stabilita una scadenza.
L’interconnettore polacco-slovacco dovrebbe unire Strochocin e Vel’ké Kapuša­ny. La sua capacità annuale sarà di 4,7 bcm verso la Slovacchia e di 5,7 verso la Polonia. I principali investitori sono Gaz-System e la slovacca Eustream, i quali hanno stanziato 83 milioni di euro. Il progetto è sostenuto da 108 milioni provenienti dai fondi europei della Connecting Europe Facility. L’interconnettore ceco-polacco, invece, andrà da Libhošt’ in Repubblica Ceca alla località di confine di Hat’ per poi proseguire fino a Kȩdzierzyn Koz´le. Avrà una capacità di 5 bcm verso la Repubblica Ceca e di 2,5 nel senso opposto. I costi non sono stati stimati, anche se sono noti gli investitori: Gaz-System sarà qui affiancata dalla ceca Netgas. Quanto all’interconnettore polacco-ucraino, il suo tracciato previsto va da Hermanowice in Polonia a Bil’če Volycja in Ucraina, passando per la stazione di Strochocin. La capacità prevista è fra i 5 e gli 8 bcm e oltre alla solita Gaz-System l’altro investitore è Uktranshaz.
Per Varsavia e Kiev il progetto è motivato da timori di sicurezza energetica, ma anche gli altri due interconnettori – nonostante una più spiccata dimensione economica – possono essere inquadrati come risposta a una minaccia. Le rendite slovacche e ucraine sono infatti messe a repentaglio dal gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2. Il bilancio polacco non dipende affatto dalle tasse di transito per il gas russo, ma le finanze dell’Ucraina sarebbero immediatamente destabilizzate qualora queste risorse smettessero di passare per il suo territorio. E nemmeno Bratislava se la passerebbe benissimo. Ecco perché le capitali di entrambi i paesi cercano alternative. La capacità slovacca di reverse flow (9,85 bcm all’anno) è l’unica che ha taglia strategica nella regione ed è solo grazie a essa che l’Ucraina è sopravvissuta al primo inverno post-Jevromajdan (2014-15) dopo l’arresto delle forniture di gas dalla Russia. Questo esempio e quello del blocco russo anti-ucraino del 2009 mostrano come nessuno sia al sicuro nella geopolitica del gas europeo. Chiunque può restare al freddo, sia il protettorato russo della Transnistria che Bulgaria o Repubblica Ceca – queste due relativamente in buoni rapporti sia con Mosca che con la Germania, il principale partner di Nord Stream 2 e acquirente di Gazprom. Ecco perché le nazioni che si sentono minacciate dall’aleatorietà del gas russo hanno deciso di dotarsi di più tangibili garanzie di sicurezza energetica.
La soluzione è il gas naturale liquido (gnl). La nuova politica di esportazione degli Stati Uniti ne ha aumentato l’interesse per il mercato europeo. Non c’è dubbio su chi la Polonia preferirebbe vedere come maggior fornitore fra l’alleato americano e l’aggressivo vicino russo. Il 16 giugno 2017 la prima spedizione sperimentale di gnl a stelle e strisce è arrivata a Świnoujście, seguita dall’annuncio del presidente Trump a Varsavia che gli Stati Uniti riforniranno l’Europa centrale, promessa mantenuta il 21 novembre con la firma di un contratto polacco-americano. Ciò ha fornito un forte impulso alla dimensione energetica del Trimarium, rendendo il successo della cooperazione in questo ambito molto probabile.
La sfida con il progetto russo-tedesco di Nord Stream 2 sarà particolarmente serrata, non solo perché lo sbocco di quest’ultimo è a Greifswald, a una decina di chilometri dallo snodo polacco di Świnoujście. L’iniziativa russo-tedesca rischia di saturare il mercato del gas in Europa centrale, rendendo così la regione vulnerabile nei confronti delle pressioni politiche di Mosca. Per questo, dal punto di vista della Polonia, è cruciale che la Commissione europea imponga a tutte le componenti di Nord Stream 2, inclusi i fondali baltici e il gasdotto Opal, l’acquis communautaire, ossia applichi il terzo pacchetto legislativo sull’energia. Il risultato sperato dovrebbe essere una maggiore suddivisione degli interessi della rete del gas.
La sfida a Nord Stream 2 accomuna Polonia e Slovacchia dentro il formato del Trimarium e Ucraina e Bielorussia al di fuori di esso. È altamente probabile che questi paesi coopereranno con gli scandinavi e i baltici, dal momento che ognuno di essi teme il dominio russo e percepisce l’esportazione di gas come strumento della politica estera del Cremlino. D’altronde, si erano opposti pure alla realizzazione del primo Nord Stream.
L’attenzione americana per il mercato del gnl centro-europeo e le misure del Congresso degli Stati Uniti contro Nord Stream 2 forniscono un certo ottimismo e sono state salutate dalla Polonia come gesti concreti da parte di Washington per sostenere il Trimarium. Le iniziative americane combaciano alla perfezione con i piani infrastrutturali della regione. In particolare con il Corridoio nord-sud, visto da Varsavia come una garanzia per l’approvvigionamento regionale di gas nel caso in cui la Russia causi un’interruzione delle forniture di gnl a Świnoujście attraverso il Baltico. Al di là di questo progetto, il Gas Interconnector Poland-Lithuania (Gipl) collegherà la polacca Hołowczyce alla lituana Jauniūnai entro il 2021. Gli investitori sono Gaz-System, Amber Grid (Lituania) e l’Innovation Network Executive Agency dell’Ue, per un costo stimato di 558 milioni di euro. Il Gipl intende connettere la rete del gas dei tre baltici con quella del resto dell’Ue, ma i suoi piani saranno facilmente complicati dalla natura competitiva dei terminal di gnl: oltre a quello già citato di Świnoujście, ce n’è uno a Klaipėda e ne sono pianificati a Skulte (Lettonia), Tallin e Paldiski (Estonia) e Costanza (Romania).
Ai progetti infrastrutturali energetici del Trimarium si potranno aggiungere anche due collegamenti elettrici al momento ancora in fase di pianificazione: il primo è il LitPol Link fra la polacca Ełk e la lituana Alytus e il secondo è fra località non ancora definite di Polonia e Ucraina.
Conclusioni
L’Iniziativa del Trimarium non punta a sostituirsi all’Ue o alla Nato e non è stata creata contro qualcuno o qualcosa, ma per promuovere la cooperazione regionale. Anche se focalizzata per il momento solo sulle infrastrutture, potrebbe rafforzare anche le relazioni transatlantiche attirando le forniture di gnl dagli Stati Uniti. Un’Europa centro-orientale coesa è cruciale soprattutto per la Polonia, paese situato all’incrocio delle regioni baltica e danubiana e il più grande in termini di popolazione. Assieme alla Cechia e all’Ungheria, si distingue per la doppia esperienza di aver dominato e di essere stata dominata. Memori di tale retaggio storico, i polacchi sono propensi a espandere un’iniziativa come questa basata sul rispetto reciproco e sull’uguaglianza fra i partner. Il suo successo dipende dal genuino sostegno degli Stati più piccoli e pertanto a ottenerlo non basterà un rispetto di facciata per la loro dignità e i loro interessi. Nel Trimarium non ci dovrebbe essere una potenza dominante. E qualora qualcuno ci provasse, l’intero edificio crollerebbe.


6 commenti:

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